Come anticipato nella scorsa newsletter, andiamo questo mese alla scoperta della birra presso i romani. Innanzitutto va detto che la conoscenza di questa bevanda – chiamata Cerevisia, da Cerere, la dea delle messi – a Roma era legata a quella dei popoli del resto dell’impero: greci, egizi, ispanici, germani, ma soprattutto celti – che vivevano nel nord Europa, spingendosi anche fino al Nord Italia.

 

Erano infatti questi ultimi i veri e propri mastri birrai dell’epoca, che producevano birra già da prima dell’epoca cristiana (in Piemonte ne sono stati trovati resti in una tomba databile attorno al 500 a.C.) e sapevano proporre una vasta gamma di stili diversi: l’Alica, una birra di spelta (molto nutriente – da alere, nutrire – da cui forse il termine inglese Ale); la Ceria, di frumento e farro; la Bryton, d’orzo e farro; la Bracia, d’orzo soltanto (era infatti il nome dato all’orzo, da cui è derivato poi il termine brassare); la dolce Camum, con miglio e miele; e l’ambrata Cervogia, sempre d’orzo. Non inganni però l’assonanza con Cerevisia: qui il termine è derivato dal kerewos, nome che i celti davano al cervo rosso, il cui manto aveva lo stesso colore di questa birra. Secondo alcune ricerche filologiche sarebbe da qui, e non da Cerevisia, che deriva lo spagnolo Cerveza.

 

I celti già usavano spillare la birra da botti di legno, come ancora oggi la tradizione vuole in Nord Europa.

Ma che cosa ne pensavano i romani? Come i greci, la consideravano inferiore al vino, arrivando finanche a disprezzarla; e considerandola la bevanda della plebe, dei barbari e dei gladiatori. In realtà era ampiamente consumata, anche più del vino, non solo nel resto dell’impero; ma anche nelle osterie dei quartieri popolari di Roma stessa, come la malfamata Suburra. Alla fine fece breccia anche tra i nobili: sappiamo ad esempio che era molto amata da Nerone, e che Flavio Valente era un gran consumatore di Sabaium – una birra prodotta nell’odierna Austria. Il grande generale Giulio Agricola, di ritorno dalla Britannia nell’85 d.C., portò addirittura con sé da Glevum – l’odierna Gloucester – due mastri birrai: fu così che a Roma aprì il primo brewpub, come lo chiameremo oggi, di cui abbiamo ufficialmente notizia.

Con la caduta dell’impero romano, tuttavia, lo scenario cambiò nuovamente…

Bibliografia:

– Paolo del Vecchio, “Storia della birra dai Sumeri ai giorni nostri”, Ed. Il Fiorino 2014

– Dispense della Doemens Akademie, “Corso per Biersommelier”